lunedì 30 dicembre 2013

On the eras of the mind

Days of holiday, days of rest, days of work, days of reflection. And these days I happened to re-examine a thought I recently had on the last years. But let's start from the beginning: Man has always represented life as meta-object: From the divine who wrote the book of human history that represents the small amount of power/control that mankind had on the elements and events, to the theatrical performances within theatrical performances of Shakespeare with the life that is represented as a stage. And today? In this age of relativism and with the lack of strong visions, what is the representation of the world? I believe that the most organic vision is the first cover of the New Yorker in 2014 . Each story can be analyzed and dissected with precision focusing attention on each individual actor. You can say "but it's not true, it's just a coincidence." Well, it happens that in this era of ease of production , some of the most interesting games on the great sagas ( The Godfather , some of the Star Wars ) , are based on the fact that the story is sacred and already told, but it's the details of the secondary characters which are analyzed and experienced by the player. It so happens that Harry Potter fans are asking for the author to go back on the stories of Harry, but analyzing the point of view of another of the protagonists. In politics "solid" parties are weakening, while "fluid" parties become more of a reality, for better or for worse, and with the weaker parties disappears more and more the approach of membership voting while there is an increase in opinion voting. Is it a conscious choice? Maybe not, but it is a part of the spirit of our time. But when does it start? And here we come to what I think is the ideal name of this time. It is the time of Ulysses. Not the Homeric hero, but Joyce's Ulysses, the little heroic story of Leopold Bloom, a John Smith, who lives a normal life and whose stories are told of a day from the points of view of different characters. This is the time of everyday heroes, fighting against the traffic, the queues at the counters, the bureaucracy, the idiocy . This is the time of everyday heroes who have points of view and different histories. This is the time of everyday heroes who lose and who win.
The real challenge today is to get to exploit this difference: exploiting the fact that many of these heroes coming from different paths arrive at the same conclusions, everyone with its own cultural baggage. Reading and understanding this is every day more complex, but this is the challenge of the future for journalism, for those who want to tell stories, for those who want to imagine a new way of doing things. There is no longer unidirectional communication, but the end user is no longer just a "utor", in the Latin sense, which uses passively the information, the tools, but it is an "actor", in the Latin sense, who acts, processes, and creates a vision of a phenomenon and/or a reality.

Happy 2014

Sulle ere della mente

Giorni di feste, giorni di riposo, giorni di lavoro, giorni di riflessioni. E in questi giorni mi è capitato di ridiscutere della mia visione sull'attualità. Ma partiamo dall'inizio: L'uomo ha sempre rappresentato la vita come meta-oggetto: Dal divino che scrive il libro della storia degli uomini che rappresenta lo scarso potere/controllo che l'uomo aveva sugli elementi e sugli eventi, alle rappresentazioni teatrali nelle rappresentazioni teatrali di Shakespeare con la vita che è un palcoscenico. E oggi? Nell'epoca del relativismo e della mancanza di visioni forti, quale è la rappresentazione del mondo? Credo che la visione più organica la prima copertina del 2014 del New Yorker. Ogni storia può essere analizzata e dissezionata con precisione mettendo al centro dell'attenzione ogni singolo attore. Mi potete dire "ma non è vero, è solo un caso". Caso vuole che in quest'epoca di facilità di produzione, alcuni dei videogiochi più interessanti sulle grandi saghe (The Godfather, alcuni degli Star Wars), si basano sul fatto che la storia è sacra e già raccontata, ma sono i dettagli dei personaggi secondari che sono analizzati e vissuti dal giocatore. Caso vuole che i fan di Harry Potter stanno chiedendo a  gran voce all'autrice di ritornare sulle storie di Harry, ma raccontando il punto di vista di un altro dei protagonisti. Caso vuole che tremano i partiti "solidi", mentre i partiti fluidi diventano sempre più una realtà, nel bene o nel male, e con i partiti che tremano scompare sempre più il voto di appartenenza mentre aumenta il peso del voto di opinione. E' una scelta consapevole? Forse no, ma è una parte dello spirito del nostro tempo. Ma quando inizia? E qui arriviamo a quello che secondo me è il nome ideale di questo tempo. Ovvero il tempo di Ulysses. Non dell'eroe omerico, ma dell'Ulysses di Joyce, ovvero le poco eroiche vicende di Leopold Bloom, un Mario Rossi che vive una vita normale e le cui vicende di una giornata sono raccontate dai punti di vista di diversi personaggi. Il tempo di eroi della quotidianità, che lottano contro il traffico, le code agli sportelli, la burocrazia, l'idiozia. Il tempo di eroi quotidiani che hanno punti di vista e storie diversissime. Il tempo di eroi quotidiani che perdono e che vincono.
La vera sfida oggi è arrivare a valorizzare questa differenza: valorizzare il fatto che molti di questi eroi per strade diverse arrivano alle stesse conclusioni, ognuno con un suo bagaglio culturale. Leggere e capire questo è ogni giorno più complesso, ma è questa la sfida del futuro per il giornalismo, per chi vuole raccontare storie, per chi vuole immaginare un nuovo modo di fare cose. Non esiste più l'unidirezionalità della comunicazione, ma l'utente finale non è più solo un "utor", nel senso latino, che utilizza supinamente le informazioni, gli strumenti, ma è un "actor", nel senso latino, che agisce, elabora, e crea una sua visione di un fenomeno e/o di una realtà.

Buon 2014

lunedì 28 ottobre 2013

Second Screen

Il film è un mix di immagini e audio. Ci racconta una storia che rappresenta un mondo. Fabrizio Capobianco racconta in questo articolo la sua visione sulle pubblicità sul second screen. Quello che mi chiedo è perchè si debba sempre pensare all'advertising. L'advertising è sicuramente importante, ma proviamo a non pensarci per un momento. Ci torneremo fra poco, perchè alla fine è una parte integrante della vita, ma partiamo senza.
Immaginate una scena di un thriller, e immaginate di vedere il protegonista avvicinarsi al cellulare. Lo prende, fa un numero, e a questo punto, mentre avvicina il cellulare all'orecchio, squilla il vostro smartphone. E voi sentite la telefonata, compresa la comunicazione dall'altra parte, cosa che lo spettatore "standard" non fa. Oppure immaginate una serie tv tipo Sex and the City. Le amiche passano davanti ad un negozio famoso, una delle ragazze guarda il cellulare e scrive unmessaggio. E qui torna l'advertising: sui device compare un messaggio "in tema" con notizie dei nuovi modelli, di quel negozio. E la possibilità di avere più notizie direttamente sul dispositivo. Oppure guardiamo Agents of S.H.I.E.L.D. Sky passa un sacco di tempo al cellulare. Quale migliore occasione per dare delle soddisfazioni agli utenti. Commenti sulle battute di Coulson, commenti off-screen su cose che succedono "altrove", notizie sul Rising Tide... Chi vuole può iscriversi e vivere l'esperienza "aumentata". Ma non aumentata "esternamente" come Lost Experience, ma bensì in modo organico e organizzato.
A mio avviso sarebbe una cosa meravigliosa. E con il giusto mix di strumenti, nemmeno troppo complessa da gestire...

giovedì 24 ottobre 2013

Open Data Umarells

Sono di Bologna, quindi tocca spiegare la terza parola del titolo. Umarell è, in base alla definzione, un pensionato che per occupare le giornate si attiva per tenere sotto controllo il territorio. Come tutti i bolognesi sanno, appena qualcuno apre un cantiere per un anche minimo lavoro stradale, gli umarells arrivano a fiotti. Un po' come gli Zombie. Oppure appostandosi giusto fuori l'aeroporto per osservare gli arrivi e le partenze.
Gli umarells sono da un lato un monitoraggio costante delle attività, e dall'altro una garanzia di qualità.
Ecco, per gestire il problema della qualità dei dati pubblicati dalle amministrazioni sarebbe ora di iniziare a promuovere una nuova generazione di umarells. Umarells digitali di qualsiasi età (si, io vivo in attesa della pensione per poter vivere la vera vita da umarell :P ) che danno un feedback alle amministrazioni sottolineando quei feedback con delle valutazioni classiche: "si potrebbe", "ma si può fare meglio", "ai miei tempi".

Umarells degli Open Data da tutto il mondo uniamoci!!

I'm from Bologna, so I have to explain the third word in the title. Umarell is, by definition, a retired man or woman who spends the days keeping the territory under control. Like every other Bologna citizen knows, every time the administration opens a roadwork for the smallest thing, the umarells arrive in hoards. Like zombies. Or they go just outside the airport area to watch the planes landing and taking off.
The umarells are, in the end, a monitoring system for the physical activities of the administration and, on the other side, a guarantee for the quality (or at least for the absence of lack thereof). So, to manage the quality of the published data, it would be time to start promoting a new generation of umarells. Digital umarells of any age (yes, I live waiting to retire and to become a real umarell :P) that give a feedback to the administration weighing into those feedbacks with the classics: "you could...", "but you could do it better...", "in my days..."

Open Data Umarells from all over the world, let us unite!!

venerdì 26 luglio 2013

Sugli strumenti liberi per gestire la città [da CodeForAmerica] - On tools for Government [from CodeForAmerica]

Bell'articolo su strumenti già disponibili e liberamente utilizzabili per governare il cambiamento. Della città, ma sinceramente in generale, di ogni cosa. In realtà è una ottima selezione di strumenti utili.

http://codeforamerica.org/2013/07/25/8-power-tools-for-government/

Good post on already available free and freely usable tools for government. Of anything in fact. Just a good set of tools.

domenica 23 giugno 2013

Sulla razionalizzazione irrazionale - On irrational rationalization

Le fusioni di comuni sono in gran voga ultimamente nel nostro paese. Per vari motivi, ovviamente. Da un lato la (scarsa) volontà di razionalizzare le spese, dall'altro la possibilità di avere più peso a livello territoriale. E poi il vantaggio minore, ovvero 2 anni di libertà dal tanto odiato "patto di stabilità" e dei finanziamenti nazionali ed eventualmente regionali su tempi di 10 e 15 anni. Ovviamente l'ordine di importanza per gli amministratori è inverso. L'importante sono i 2 anni di indipendenza dal patto, la possibilità di dar fondo ai soldi bloccati e l'accesso a finanziamenti statali. A questo punto entra in gioco un dubbio cruciale che diventa evidente a tutti coloro che abbiano giocato a Sim City. Cosa succede nel momento stesso in cui si decide di utilizzare un trucco? Che si iniziano a fare spese folli per aumentare gli introiti sul medio-lungo termine, senza considerare gli effetti devastanti di queste scelte. Si decide di fare una grande zona industriale senza considerare il traffico, si decide di distribuire gli uffici senza considerare di nuovo il traffico, si spostano alcune funzioni degli uffici pubblici senza considerare le funzioni aggiuntive. E improvvisamente, finito il tempo di "libertà", il sistema torna a far costare le operazioni il loro costo di base, gli introiti tornano nella norma e il sistema è molto meno reattivo di prima al cambiamento e meno efficace nel risolvere i problemi. Dai problemi pratici di trasporti ai problemi di appartenenza.
Ad esempio: Sono stati considerati i flussi e i deflussi dei lavoratori dalla zona alla grande città adiacente o fra i comuni della zona? Perchè un lavoratore, ad esempio, che lavori nel punto diametralmente opposto rispetto alla grande città, non potrà permettersi di andare a fare un documento nel comune più lontano della zona senza prendersi diverse ore di permesso. A questo punto le scelte sono tre: 1)Fregarsene, 2)Si migliorano i  trasporti pubblici consentendo una andata e ritorno in 30 minuti (come succede in grandi città oltreoceano) ed eventualmente supporto di trasporti anche in orari notturni; 3)si decide di informatizzare i processi (non digitalizzare, informatizzare). E ognuna delle due scelte è profondamente politica e di significato. La prima implica un aumento del traffico verso i vari tipi di uffici (abbiamo delle metriche di presenze di utenza negli uffici?di lunghezza delle code? di tipologia di servizi richiesti?) La seconda implica un aumento degli spostamenti e una migliore aggregazione fra i vari pezzi del comune (e quindi la necessità e la spinta per nuove attività locali). La terza implica un aumento dell'efficienza delle imprese locali ed un aumento del lavoro potenzialmente per il comune. Ognuna delle scelte ha delle implicazioni economiche, che improvvisamente logorano il grosso vantaggio dei finanziamenti e degli anni di libertà dal patto. 
A questo punto mi viene una domanda di fondo: Dove abbiamo lasciato l'urbanistica? Dove abbiamo lasciato il grande piano per il medio-lungo termine? Dove è la Vision per la città o per l'intera area?La risposta tragica è che spesso e volentieri non c'è. 
Città come Palmanova, Ur, Milton Keynes avevano uno scopo. La prima, quello di fornire al comandante delle forze venete eserciti di mercenari, la seconda quello di far percepire l'importanza religiosa del centro al cittadino, la terza, quella di fornire lavoratori alla zona industriale. Quale è lo scopo della città oggi? Il problema è che manca proprio questa comprensione. Finchè non si decide cosa si vuole essere da grandi, non si riuscirà mai a definire una strategia per diventarlo.

In Italy the fusion of municipalities into macro-areas has been the buzzword for the last years. It has been so for many reasons. On one side, the (weak) will to rationalize the costs, on the other side the possibility to get more weight on regional discussions. And, just on the side, the possibility to avoid the european "stability pact" for two years with some money given by the state and some by the region.Obviously the order is completely reversed for the administrators. The main reason or at least one of the big reasons is the economic possibility to unlock the blocked money and to start spending both locked money and state and regional funds. At this point there is one big objection visible to anyone having played at least once Sim City. What happens when you cheat? You start investing in crazy mid-term projects that will destroy the collected capital in the long term (as soon as the cheat wears off). And suddenly big issues come up, like traffic, location of the municipal offices, public transportation. Lots of small and big problems.
For example: have the fluxes of workers from and to the nearest big city been considered? Have the fluxes between the cities that are to be fused been considered? Because a worker working on the exact opposite point of the big city could not be able to get a document from the farthes office in the municipal area without taking several hours off work. So the fused municipality has to make a choice: 1) dont' care 2) invest in public transportation 3) invest in informatization. Each of the possibilities has deep political impact and significance. The first means lessening the strings attaching people to the municipalities and not making them feel confortable, while increasing the private traffic towards the various offices in the territory and increasing the roadworks. The second choice means highering the feeling of "greater city" enabling interaction and cohesion between the parts, increasing the effects on local businesses. The third means impacting on local business and industry enabling people and companies to "mash up" the data from the informatized administration (not digitalized) and possibly offering new services. Each of these choices implies economic investment which has to be paid with the money gained with the fusion.
At this point I have a background question: Where has urban development theory gone? Where are long term strategies? Where is the vision for the city or the area? The terrible answer is that often there is none.
Cities like Palmanova, Ur, Milton Keynes had an objective. The first one, was a military marketplace for the venetian military leader to buy mercenaries, the second had to have the people feeling the power of the religion, the third had to offer workers to the industrial city. What is today's objective for a city? Until we don't decide what the city has to be in 10 years, there is no way to define a strategy to get there.

Sulla lezione di Google - On the latest Google Lesson

Chiude Google Reader, lo sappiamo tutti. E tutti sono a caccia di un'alternativa. Oggi, a due settimane dalla chiusura definitiva del servizio, Google da una lezione meravigliosa: "The playground is now open", ovvero il parco giochi è aperto. Cosa significa? Che Google ha creato uno strumento per coprire un'esigenza e ora, uscendo da quel mercato, lascia spazio a tutte le possibili esistenti e future alternative. Google non offrirà più il servizio, ma ha creato di fatto uno standard qualitativo, una baseline di valutazione, e ha creato una cultura che consente di capire quali sono le funzionalità che gli utenti vogliono poter utilizzare. Il risultato è meraviglioso: Induzione ad innovazione. La PA dovrebbe imparare da questo...

Google Reader is closing, we all know that. And everybody is looking for an alternative. Today, two weeks before the shutdown of the service, Google gives us a wonderful lesson:  "The playground is now open". What does it mean? It means Google has created a tool to cover a need and now, getting out of that market, it gives space to all the possible existing and future alternatives. Google will no longer offer the service, but through its tool it created a qualitative baseline and a culture that enables people and companies to understand what they need. The result is amazing: Innovation Induction. Governance should learn from that...

sabato 15 giugno 2013

Su Inception

Nel bellissimo film Inception lo scopo del gioco è impiantare un pensiero nella mente di una persona con modi a volte opinabili. E' da un po' che molti sanno che sono appassionato del concetto di Code For America e che vorrei importarlo nella nostra ridente terra. Ecco, forse si iniziano a mettere in moto i sassi e inizia a muoversi la valanga... presto notizie...

In the beautiful movie "Inception", the goal was to implant an idea into the mind of someone. Sometimes the ways were "opinable". For a while now I have been passionate about the Code For America project, willing to transplant it into our country. Well, it looks like some of the stones are starting to move... Soon news...

Sulla gestione del rischio

E' da un po' che per motivi vari mi sto dilettando con il divertente argomento della gestione del rischio e del legame fra questo e gli open data. "Ma  non è legato agli open data!!". In realtà è profondamente legato, ma scopriremo fra poco perchè.
Partiamo dall'inizio. Cosa è la gestione dei rischi? 
Il concetto di Risk Management comprende l’insieme delle attività mirate a individuare, valutare, gestire e controllare tutti i tipi di eventi (rischi e opportunità). Uno dei metodi per valutare i rischi cui è esposta una società ed i controlli per mitigarli è il Control Risk Self Assessment (CRSA) basato su un approccio auto-diagnostico. I tratti distintivi di questa metodologia sono determinati:
  • da un approccio auto-diagnostico - da parte dei titolari di processo - all’identificazione dei rischi, dei controlli e delle eventuali azioni correttive/preventive, basato su valutazioni soggettive (conoscenze, esperienze, competenze, ecc.);
  • da una partecipazione attiva dei titolari di processo;
  • dall’utilizzo di meccanismi di facilitazione (questionari, workshop con facilitatori qualificati) che permettono di guidare e massimizzare i contributi dei soggetti coinvolti.
Bel discorso, ma che significa?  Nel paradigma del DoD che amo tantissimo, significa la famosa impresa "di livello 5", ovvero quella che fa auto-analisi dopo le operazioni. Ma cosa significa nel pratico? La cosa qui si fa più complessa, in quanto veramente implica una fase di auto-analisi non dissimile a quanto passa uno psichiatra prima di poter esercitare, in modo da essere libero da influenze interne. E in cosa consiste questa auto-analisi? Diverse teorie sull'argomento, ma quella che personalmente ritengo molto sensata è quella che si basa sulla conoscenza di tutto ciò che è presente all'interno dell'entità che fa questa operazione di Risk Management. Questo significa cercare di avere con massimo dettaglio possibile informazioni su tutti gli asset materiali e immateriali e umani disponibili e le relazioni fra essi. Ovvero sia oggetti (server, switch, router, cavi), che processi (cosa si fa in caso X? come funziona l'operazione Y? cosa implica la legge Z sull'argomento?), che persone (A, con queste esperienze queste conoscenze: 1,2,3, B, con queste esperienze e queste conoscenze:2,5,6,7, C, con queste conoscenze ed esperienze: 1,3,5). In questo modo, capita quale è la struttura delle relazioni fra le entità, e messa nero su bianco, è possibile da un lato capire cosa succede se qualcosa va storto e quantificare eventualmente quanti danni fa. Bisogna ammettere che House ha sempre ragione: il paziente mente sempre, ovvero alcune relazioni che non vengono mai esplicitate devono essere evidenziate e quindi questo processo deve tenerne conto, altrimenti si rischia di valutare in modo scorretto il rischio. Bene in tutto questo discorso cosa c'entrano gli open data? Moltissimo e lo spunto viene da questo interessantissimo keynote dello Skoll World Forum 2013:


Gli open data servono esattamente a questo: a gestire il rischio.
La mappa delle indie rubata ai portoghesi e "lberata" dagli olandesi contribuì a diminuire il rischio di viaggio e in quanto tale consentì di abbassare la barriera all'ingresso nel commercio verso le indie, così come oggi un dato come la densità abitativa o il reddito medio a livello di isolato può essere determinante per definire la posizione di negozi o servizi. Che inevitabilmente andranno a modificare a loro volta il dato nel rilevamento successivo. E anche i dati apparentemente di interesse solo giornalistico come la corruzione e la trasparenza sono fondamentali, perchè in un paese più corrotto avrò più difficoltà a stabilire la mia azienda, perchè magari dovrò pagare questa o quella persona. Da quanto si diceva prima esiste anche un altro dato fondamentale e spesso ignorato utilissimo per l'analisi dei rischi, ovvero la formalizzazione dei processi.
Quando ci sono le grandi fusioni, una fase cospicua del tempo di fusione viene preso nell'analisi dei processi delle parti per arrivare a convergere su punti utili ad entrambi in modo da rendere più semplici le comunicazioni ed interrelazioni fra le parti. Con l'amministrazione, conoscendo i processi in tutti i dettagli, posso decidere automaticamente e con certezza quando avviare una richiesta all'ente X, ma non conoscendo la struttura di questi processi, chi ne è il cosiddetto "process owner" e quali sono i prerequisiti, diventa impossibile se non interagendo con l'amministrazione (si, nella direzione opposta al "Government as a Platform") capire come arrivare a risultati prevedibili (sempre che ciò sia possibile). Quando si dice Open Government Data, spesso si intendono solo le spese, le delibere e poco più. Iniziamo a pensare a dati meta-governativi, quindi su come lo stato si gestisce internamente. Quali sono i processi e quali i risultati. Penso che una mappa dello stato che consenta di sapere come viene generato un permesso sarebbe a dir poco affascinante e utile per il cittadino. Se poi nel proprio comune ci fosse un'istanza di questa mappa (per i permessi dati dal comune) con ad ogni passaggio il responsabile, in modo da consentire la comprensione di come è strutturata una richiesta, sarebbe addirittura istruttivo. Qualcuno dirà "beh per la privacy non puoi saperlo". Io però rispondo con il fatto che quando un call-center chiama a casa la persona che chiama si identifica e se si vuole sporgere reclamo lo si può fare citando la persona specifica. Quindi le regole della privacy valgono per il pubblico e non per il privato? Trasparenza e apertura è da un lato mettersi allo stesso livello dei cittadini che non sono sudditi ma contribuenti e dal'altro anche consentire a tutti di capire che rischi prendono quando intraprendono un viaggio nell'amministrazione.

martedì 21 maggio 2013

Sulla Dashboard della Smart City

Voglio proporvi un sogno ad occhi aperti e poi vedere se si può realizzare insieme. Nella mia città ideale il comune ha di fianco all'ingresso un grande totem informativo. Un totem nel quale sono messe a disposizione della cittadinanza tutte le informazioni puntuali raccolte in tempo reale dai sistemi informatici. Nati, morti, matrimoni, una mappa con la posizione degli autobus in tempo reale, con segnati i punti di interesse e i musei (eventualmente con un simbolo diverso se aperti o chiusi nel momento in cui l'utente guarda il pannello), i tweet dei cittadini, i tweet della giunta, numero di auto passate per i varchi ZTL (ove presenti), PM10, PM5, PM3.5. E questi dati, rappresentati in modo piacevole e divertente possono essere utilizzati direttamente dai cittadini. Poi, in un pannello secondario che sia anche touch screen, il cittadino può anche esplorare questi dati. E costruirsi la sua personalissima City Dashboard dove raccoglie solo i dati di suo interesse. E quando, come sta succedendo in questo periodo a Bologna, il comune vuole spiegare cose anche "compromettenti", non ha più la necessità di mandare persone su un indirizzo dove dei dati statici sono visualizzati tramite immagini, ma potrebbe consentire ai cittadini di accedere e vedere le metriche delle varie azioni che fa, che impatto hanno, fino al limite del consentire ai cittadini di fare piccole o grandi simulazioni per vedere l'impatto di politiche. Non siamo più nell'epoca delle scelte dall'alto, ma anche l'uomo della strada può avere accesso agli strumenti culturali che gli consentono di comprendere e definire policy. La City Dashboard andrebbe esattamente in quella direzione.
Ma a questo punto la terribile domanda: Come si fa? Fare una dashboard è un'operazione in sè semplice, se cablata su particolari funzionalità. Fare una dashboard "interattiva e complessa" è sicuramente più difficile, ma pur sempre un'operazione di codice. La parte complessa, come al solito, non è la creazione degli strumenti, ma trovare cosa li può alimentare. Da un lato gli Open Data possono essere un punto di inizio, per alimentare i dati più "lenti" o per gestire la parte storica dei dati della città. Dall'altro la città stessa deve dotarsi di API per consentire l'accesso in tempo reale ai dati dei vari settori. Poi ovviamente la API può essere fatta in vari modi. Perchè non diventi un costo deve essere almeno affiancata agli strumenti gestionali interni, ma idealmente dovrebbe essere esposta direttamente da questi, ma su questo argomento ho già ampiamente discusso in altri punti.Il messaggio è: si può fare. Quanto ci vuole? Poco dal punto di vista tecnico, non molto da un punto di vista pratico per partire, ma ci vuole la volontà di farlo.


lunedì 6 maggio 2013

Sul vedere che le proprie idee non sono del tutto sbagliate...

Interessante post sul blog di CodeForAmerica. [http://codeforamerica.org/2013/04/25/first-steps-with-civic-analytics/]. Sul topic dovrò lavorare a breve, visto che il mio talk su VivaCity è stato accettato al FOSS4G a settembre... La piattaforma è cambiata molto rispetto alle prime versioni, ma a breve arriveranno più notizie.

Sull'uso dei Big Data per riprogrammare la città

Cellphone Records Could Help Redraw Bus Routes:
ibmtransportationx299
IBM researchers say they can use cellphone records to plan better bus routes. The claim comes in a entry for a contest to make the best use of cellphone data.
The competition is titled Data for Development (or D4D) and is run by the Orange cellphone network. It’s published an anonymized dataset covering all calls and text messages involving Orange customers in the Ivory Coast over a four month period. With 2.5 billion records this appears to be the biggest such dataset made publicly available.
Entrants had to write a 250 word description of their research project before getting access to the data. The idea is to find the best use of this data to help “address society development questions in novel ways.” The winners will be announced later this week at a conference at MIT.
The IBM entry takes advantage of the fact that in around 500,000 of the records the data includes the nearest cellphone tower to the person making a call, along with any changes of nearest tower during the call.
IBM used this data to figure out the routes people took while making calls in Abidjan, one of the Ivory Coast’s major cities. This will have covered people on the city’s 5,500 buses, in taxis and in cars.
IBM then cross-referenced this journey data with the existing bus network and traced the likely effects of making 65 changes to the network. It concluded three changes would be most effective: adding two new routes (pictured above in blue) and extending one that’s already used. It said that these three changes would make the average bus journey in Abidjan three times quicker.
The company says that it could come up with more efficient changes if it were able to cross-reference the data with bus timetables. It also says a similar approach could work for finding the best places for electric vehicle stations or developing a bike sharing network.

giovedì 14 marzo 2013

Sull'Open Source nelle scelte dell'amministrazione



github-social-coding
Per chi scrive codice GitHub, insieme a mamma StackOverflow, è il posto dove andare per ogni incertezza su codice o per imparare dagli altri coder in giro per il pianeta.
Di questi giorni l'interessante articolo sul O'Reilly Radar sul significato di GH oggi come oggi nella governance. Come già in altri punti di questo blog sottolineavo, è una tendenza che è da un lato importante da un punto di vista qualitativo, dall'altro un importante contributo alla trasparenza.
Total government GitHub repositories
Queste le statistiche di crescita del fenomeno: siamo all'alba di una nuova epoca di contributi verso la pubblica amministrazione? I trend di crescita sono quelli tipici da buzzword e da progetto fico e alla moda. Speriamo che tenga.
Riporto qui sotto la parte più interessante dell'articolo:

“We hope [the datasets on GitHub] will be widely used by open source projects, businesses, or non-profits,” wrote Goldstein. “GitHub also allows an on-going collaboration with editing and improving data, unlike the typical portal technology. Because it’s an open source license, data can be hosted on other services, and we’d also like to see applications that could facilitate easier editing of geographic data by non-technical users.”
Headd is also on GitHub in a professional capacity, where he and his colleagues have been publishing code to a City of Philadelphia repository.
“We use [GitHub] to share some of our official city apps,” commented Headd on the same Hacker News thread. “These are usually simple web apps built with tools like Bootstrap and jQuery. We’ll be open sourcing more of these going forward. Not only are we interested in sharing the code for these apps, we’re actively encouraging people to fork, improve and send pull requests.”
Ed ecco il vero punto della questione:
A more modest (although still audacious) goal would be to simply change how government IT is done.
“I’ve often said, the hardest part of being a software developer is training yourself to Google the problem first and see if someone else has already solved it,” said Balter during our interview. “I think we’re going to see government begin to learn that lesson, especially as budgets begin to tighten. It’s a relative ‘app store’ of technology solutions just waiting to be used or improved upon. That’s the first step: rather than going out to a contractor and reinventing the wheel each time, it’s training ourselves that we’re part of a larger ecosystem and to look for prior art. On the flip side, it’s about contributing back to that commons once the problem has been solved. It’s about realizing you’re part of a community. We’re quickly approaching a tipping point where it’s going to be easier for government to work together than alone. All this means that a taxpayer’s dollar can go further, do more with less, and ultimately deliver better citizen services.”
Infine, openness come forma di ottimizzazione...
I think we’re about to see a big uptick in the amount of open source participation, and not just in the traditional sense. Open source can be between business units within an agency. Often the left hand doesn’t know what the right is doing between agencies. The problems agencies face are not unique. Often the taxpayer is paying to solve the same problem multiple times. Ultimately, in a collaborative commons with the public, we’re working together to make our government better.”
Insomma a quando i repo delle varie città italiane?

lunedì 11 marzo 2013

Sulle catene di librerie in via di estinzione

A Bologna molte librerie locali vengono gradualmente fagocitate dalle catene. Feltrinelli che compra la piccola Rizzoli del pavaglione, MEL che compra Nannucci e poi diventa IBS.it... In questo momento sono a San Francisco. L'ultima volta che sono stato qui è stato 5 anni fa. E c'erano un Borders su Union Square, la piazza più centrale e commerciale della città, e un Barnes and Noble in Fisherman's Wharf, verso la costa che da su Alcatraz oltre a diverse piccole librerie in giro che stavano cercando di sopravvivere. E in soli 5 anni è successo l'irreparabile. Prima l'avvento delle catene ha ucciso molte delle librerie. Poi l'avvento dei libri elettronici ha fatto prima fallire Borders (che ora è stata sostituita da una delle tante catene di negozi di abbigliamento di lusso), mentre B&N è morto solo in centro a SF, per tenere aperto nelle varie periferie. Insomma, una città tra le più importanti al mondo SENZA una libreria centrale... 
Di piccole librerie ce ne sono 2-3 ma bisogna sapere esattamente dove andare. La catena di librerie più vicina è a 15 km dal centro. Raggiungibile si, con i mezzi pubblici... ma non è in centro. E la colpa è stata data pesantemente ai libri digitalie e alla consegna a domicilio di amazon... Secondo me il problema va molto più a fondo di così, ma non è argomento di oggi... 
Vado a godermi il sole di un pomeriggio primaverile nella Fog City (che, sia chiaro, non amo come città, ma ha una temperatura più che accettabile al momento [20° circa] e questo fa sì che le perdoni molti degli aspetti che non mi piacciono [barboni, sporcizia, ...])

mercoledì 20 febbraio 2013

Sulla digitalizzazione di libri

Recentemente si discuteva di digitalizzazione di opere di dominio pubblico con amici. Ecco un interessante progetto: http://www.diybookscanner.org/

lunedì 18 febbraio 2013

Sugli Open Data e le elezioni

Discutendo con un amico che si trova all'estero mi sono dato ad un esperimento mentale molto divertente, ovvero una analisi sul programma elettorale dei vari partiti. In che senso? Partiamo dalle premesse.

Nel mondo del software un programma è un elenco di operazioni che portano da un set di dati iniziali ad un risultato prevedibile. Uno dei sistemi di sviluppo utilizzati negli ultimi tempi si chiama Test Driven Development, ovvero Sviluppo guidato dai test. Ad ogni fase di sviluppo si fanno i test per vedere che le cose vadano come previsto. Il risultato di questo sistema è che di fatto in ogni momento si sa quanto manchi alla conclusione delle operazioni, si sa quali parti non sono completate, non sono finite, non sono ancora state risolte.

Qui entra in gioco la domanda a tradimento: cos'è un programma elettorale? E' ciò che il partito X propone di fare con il paese Y qualora diventasse maggioranza. Quindi è una sequenza di operazioni da svolgere su un certo sistema complesso ma ben definito. Quindi perchè non definire i programmi elettorali come vere e proprie applicazioni? E perchè non definire gli obiettivi del partito come test?

Ovviamente una piattaforma di simulazione del genere dovrebbe essere completamente open, in quanto ai cittadini si rivolge e dai pesi segnalati dai cittadini deve essere controllata. E open per open, a questo punto entrano in gioco gli Open Data. I vari organi dello stato potrebbero esporre come Open Data tutti i dati necessari per questa simulazione. In questo modo diventerebbe possibile simulare la situazione a distanza di 5 anni dalla partenza.

Per altro, un programma fatto in questo modo permetterebbe di controllare quale situazione possa essere la più o meno vantaggiosa per l'elettore. Immaginando, infatti, un elettore come un vettore n-dimensionale che rappresenti i vari interessi "a livello statale", ovvero fattori come dimensione della famiglia, reddito personale, reddito famigliare, livello di istruzione, persone a carico ecc... e trovando delle regole che consentano di analizzare come la situazione cambierà nei 5 anni successivi, si può vedere quale programma possa dare più vantaggio al singolo e quindi in che modo statisticamente voterà.

"OMG!!! Questo è antidemocratico!!!" No. E' solo oggettivo. Il singolo voterà statisticamente in base a certe caratteristiche personali, come ambiente, livello di istruzione, interazione con le istituzioni, stato civile. E la complessità che tanti millantano esiste statisticamente in tutte le direzioni, quindi diventa ininfluente. "Eh, ma non consideriamo l'astensione". Falso, l'astensione ha un peso importantissimo ma è riconducibile alla distanza da tutti i programmi. Se nessuno dei partiti va a influire direttamente sulle priorità del singolo, questo facilmente non voterà (l'astensionismo è proprio un partito, in quanto ha tutte le caratteristiche dei partiti).

Questa analisi non copre la questione coalizioni. Ovviamente in tal caso la situazione è più complessa, in quanto è necessario trovare la parte "condivisa" fra le varie proposte. Su quelle sicuramente ci sarà convergenza, mentre per quelle non condivise diventano più importanti i piccoli partiti delle varie coalizioni.

In ogni caso i test di risultati consentono di andare a controllare a che punto sta il programma del partito, quanto manca alla realizzazione e quanto complessa risulta.

Ora si tratta solo di definire degli algoritmi che valutino e visualizzino i dati e un linguaggio che consenta di definire un programma elettorale in modo strutturato. Giusto il problema minore... :P

sabato 26 gennaio 2013

Sull'A-Team e sull'open source nella Pubblica Amminsitrazione

All'incontro SOD si discuteva con l'amico Marcello su una vecchia idea abbastanza terrorigena dell'A-Team open source per l'e-gov, ovvero un team di sviluppatori Open Source a disposizione dell'amministrazione. Non sono certo il primo che ne parla e non è certo la prima volta che ne parlo. Ma oggi più che mai, parlando di open data, è importante che ci sia consapevolezza di come e chi lavora con l'amministrazione. E per questo motivo ritengo importante che chi decide prenda il controllo della situazione e cerchi nel territorio gruppi di hacker che possano fare cose con essa. A suo tempo era un'idea balzana, questa, ma in realtà è il principio su cui si basa il concetto di CodeForAmerica e del nuovo progetto CodeForEurope. La questione sta nel capire quanto sia importante fare ora bene le cose che un giorno serviranno. E farle bene da dentro l'amministrazione, non attraverso gare che portano persone che sanno interpretare il legalese a capire come fornire il minimo indispensabile per farsi pagare la manutenzione vita natural durante (o 15 anni, tempo della prossima gara).
E' indubbio, questo approccio rompe tutti gli schemi classici dell'italica gara d'appalto, fornitura (e gli abusi come il passaggio dagli amici di amici). Verissimo. Però guardando la questione da cittadino mi chiedo se non farebbe bene all'amministrazione iniziare ad avere dei tecnici in casa che capiscano e sappiano valutare e mettere mano al codice delle applicazioni. Che a quel punto devono essere libere, liberamente modificabili anche dai cittadini, manutenibili e gestibili da tutti i tecnici nelle tante amministrazioni. Sulla linea di quello che il governo statunitense ha iniziato da poco a fare con il suo repository su github. Ma era prevedibile, per una nazione fondata anche sul concetto  Lincolniano di stato "by the people, for the people", che potrebbe essere il sottotitolo di tutti i discorsi su open source e open data. E comunque è solo il passo finale della linea di pensiero partita con CfA e diventata Civic Commons, che è un po' il repository del riuso americano, solo che a riuso non ci sono solo i software fatti come gare per l'amministrazione, ma tutto il software open source, dai database agli editor, dai sistemi operativi ai gestionali. Personalmente, e so di essere stato tacciato più volte di essere un idealista, ritengo che questo sia il modo più partecipativo e rapido per arrivare ai mitologici open services, ma siamo abbondantemente nei voli pindarici.
Si, è vero. Un'operazione come questa, che preveda il saper definire gare d'appalto precise e con le richieste più strutturate possibili (ovvero fare con professionisti disinteressati almeno la progettazione e l'architettura ed eventualmente mettere a gara solo la scrittura del codice) e quando possibile evitare le gare facendo in casa il software e sicuramente tutti i test per il codice fornito da terzi, rischia di rompere il giocattolo dell'appalto, che spesso finisce per diventare una forma di sovvenzione verso le piccole e grandi aziende di informatica. Ma visto che il mercato dell'IT italiano ha raggiunto oramai abbondantemente la maggiore età, non sarebbe ora che iniziasse a camminare sulle sue gambe offrendo prodotti veri e competitivi? Non sarebbe ora che l'IT italiano, che a suo tempo aveva grandi esempi a livello globale come Olivetti, rialzasse la testa e riprendesse a guardare al dilà del proprio ombelico su un mercato internazionale dove la competizione è molto più forte e aggressiva che qui? Un fuori, dove si parla di cloud veramente e non per riempirsi la bocca. Un fuori dove i prodotti si vendono non agli amici, ma ai clienti.
Perchè in queste condizioni l'eccellenza nell'IT è morta e di quello che rimane, il grosso è un esercito di omini più o meno incravattati (magari anche molto bravi, non voglio dubitarne) che fanno i consulenti con i vari cappelli delle aziende di turno, ognuno portando l'acqua (e i soldi delle gare) al proprio mulino.
E' così difficile, nel mondo informatico, basarsi sul principio Kennediano del "Non chiederti cosa può fare il tuo paese per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese."? Io credo di no, e credo anche di non essere l'unico.

venerdì 25 gennaio 2013

Sulla trasparenza dove si sguazza nel torbido

Si, è ovvio. Si parla di MPS. Ma è un caso su tanti. Potrebbe essere Lehman Brothers, potrebbe essere Deutsche Bank. E' giunto forse il momento di imporre delle regole di trasparenza più rigide? Secondo me non c'è miglior momento di questo, per vari motivi: Da un lato c'è bisogno di fare un passo sulla trasparenza anche in ambito bancario (in brasile sono già stati attivati progetti di trasparenza bancaria per provare ad aggredire il problema della corruzione); Dall'altro quando una banca (che ha in pancia anche i soldi dei cittadini) viene foraggiata con denaro pubblico per salvarsi (ovvero soldi dei cittadini), si avvicina di un passo allo stato (sia chiaro: non condivido minimamente la posizione grillina della statalizzazione delle banche). E se si avvicina allo stato, anche una banca o una fondazione dovrebbero sottostare a delle regole di trasparenza più rigide. Ma come rendere possibile un sistema di concorrenza industriale giocando a carte scoperte? Innanzitutto l'apertura non deve essere necessariamente in tempo reale, ma si può dare un'informazione puntuale anche con un ritardo di 30-60 giorni. Oppure definire delle modalità di pubblicazione aggregata in tempo reale e grezzi con ritardo. Di policy si può discutere a lungo e definire un set di regole da seguire, ma quello su cui non ho dubbi è che sia necessario immaginare un sistema che consenta l'esposizione dei dati bancari come Open Data.
Appurato questo, le possibilità sono tante. In Brasile, per lavorare sulla corruzione, hanno iniziato ad utilizzare OpenBankProject, per il quale Simon Redfern, il fondatore, il settembre scorso all'OKFestival ha fatto una presentazione.
L'aspetto assurdamente interessante di OBP è l'aspetto di comodità in sicurezza, ovvero la possibilità di sfruttare la tracciabilità e la trasparenza per il singolo cittadino come comodità. Nello specifico, è interessante osservare come l'azienda che lavora sul progetto stia pubblicando costantemente il suo feed di pagamenti fatti e ricevuti direttamente sul suo sito. Ovviamente è un gesto simbolico, ma più in piccolo potrebbe sfruttare la cosa senza pubblicare il flusso ma dando diritto di lettura al proprio commercialista, che a quel punto potrebbe accedere ai dati puntuali e con una applicazione apposita si semplificherebbe il lavoro.
E' lo stesso approccio di Valve per Steam: rendere talmente semplice e vantaggioso comprare i giochi legalmente, che non ci sarà nemmeno la voglia di scaricarli e crackarli. E vi garantisco, funziona.

domenica 13 gennaio 2013

Sulla "superiorità" dell'Italia

Domenica. Una amico mi passa un link ad un articolo. E la domenica si trasforma da normale giornata di lavoro "personale" in qualcos'altro, qualcosa che mi fa pensare quanto l'italia sia un paese superiore agli altri. Moralmente, culturalmente e con prospettive più ampie. Partiamo dalla domanda iniziale: cosa è una startup? Paul Graham la definisce come segue: "A startup is a company designed to grow fast. Being newly founded does not in itself make a company a startup. Nor is it necessary for a startup to work on technology, or take venture funding, or have some sort of "exit." The only essential thing is growth. Everything else we associate with startups follows from growth". Non si parla di composizione, reddito, valori vari. Ma lui è anglosassone, e che ne sanno gli anglosassoni di startup? L'italica versione è molto più precisa e prevede aspetti fondamentali e caratterizzanti, perchè siamo italiani e non vogliamo fare le cose in modo così grezzo come gli altri. Noi siamo eleganti. E quindi nella startup ci deve essere almeno un membro del team con dottorato o che abbia lavorato in un centro di ricerca. Giusto. Questo per evitare che quei fricchettoni dei makers possano rompere le scatole a questi processi seri e complessi come quelli della creazione di impresa. Quelle stupidate come le stampanti 3D le andassero a fare all'estero, qui in Italia c'è chi fa lavoro vero. E nella startup deve esserci un brevetto. Così quello che fa è protetto, giusto. E visto che in europa il software non è brevettabile, anche quegli altri fricchettoni degli hacker e programmatori sono fuori dai giochi. Così anche loro se ne vanno, perchè a noi sta roba virtuale mica ci piace. Siamo italici, noi. Mentre gli altri andavano a prender bacche, noi si assassinava Cesare. E comunque i programmatori puzzano, quindi meglio così. Che ci resta? Delle sane aziende che abbiano meno di 5 milioni di fatturato e meno di 4 anni. E che gli si da? Una vigorosa pacca sulle spalle e 400€ di esenzioni da bolli e simili amenità. Sano spirito famigliare, 400€ poteva darli la nonna qualche anno fa, ma ora che le si è abbassata la pensione lo fa lo stato. Giusto. Perchè alla fine sono i soldi che la nonna darebbe al nipotino tanto intelligente che sa fare cose strane e incomprensibili e che sta tutto il tempo al computer. Starà giocando, chissà. Perchè quelle cose freak e anglosassoni come Venture Capital, Seed Capital e altro mica servono davvero. Gli angel investor? E chi ne ha bisogno? Noi si ha sane banche che, si sa, offrono soldi in prestito a chi non ne ha davvero bisogno. Ma lo fanno con amore. Mica queste storie delle exit strategy. E l'esperienza dgli Angel Investor nel consiglio di amministrazione? Oh ragazzi, siamo pazzi? Qui si danno 400€ e bona lì. Un mese e mezzo di gelati a testa per un gruppo di 4 persone, scherziamo?

[Se non fosse chiaro, si prega di leggere il post con un tono amaro e ironico. L'amarezza di vedere due elementi caratterizzanti delle startup a livello internazionale non solo ignorati ma anche irrisi mi fa venire la nausea. Perchè c'è talmente tanto distacco dalla realtà, talmente tanto delirio, che mi chiedo con che coraggio si utilizzano certe parole. Startup. Perchè il brevetto? Per le farmaceutiche? Per il biotech? Lo fanno già e hanno bisogno di ben più di 400€ di aiuto. Perchè il membro con PhD? Se ci devono essere tutti quei vincoli, e per un soldo di cacio fra l'altro, non so quante giovani piccole imprese usufruiranno di questa sovvenzione. Sinceramente credo poche. E tristemente mi immagino la discussione:
Politico 1: "cheppalle ste startup. Come facciamo a fare qualcosa che ce dia la giusta visibilità e che il popolino sia contento e ce voti alle elezioni?"
Politico 2: "esenzione dalle tasse?"
Politico 1: "ma che scherzi? mica possiamo fare che la gente poi usa davvero sta cosa. Non hai sentito prima? Quando si è detto che è solo na cosa formale?"
Politico 2: "ah scusate, boh che so, je diamo 100€ e un attestato?"
Politico 3: "l'attestato è impegnativo, scripta manent. i 100€ chi ce li mette?"
Politico 1: "io c'ho solo un pezzo da 500, nun se po fa."
Politico 4: "e se je diamo l'esenzione dei bolli? tanto che ce frega, so 400-500€, se c'hanno bisogno de soldi je famo un favore anche se nun fa la differenza veramente, se nun ce n'hanno bisogno nun je ne frega niente e nun ce chiedono sta cosa."
Politico 2: "mmm... se po fa se po fa, ma non è che poi tutti ce chiedono..."
Politico 4: "nono, nun te preoccupa... mettiamo dei limiti dementi così siamo sicuri che le startup facili da fare nun possono accedere, tipo che so... brevetto, che in europa nun se po fa sul software, e... boh... dottorato, così devono andare a elemosinà qualche contratto alle università e ce levano dalle palle tutti quei ricercatori che nun sappiamo che farcene... E così zac!"
Politico 2: "bello bello! due piccioni con una fava"
Politico 1: "anzi, manco con quella... e noi ce famo un figurone!!! già me vedo la stampa!!! 'Il New Deal all'italiana: le startup in Italia sono una realtà grazie a {{Politico 1}}!"]

sabato 12 gennaio 2013

Sul perchè i dati aperti non sono uno spreco di risorse

Ultimamente ho sentito di consulenti che raccontano a pubbliche amministrazioni che gli open data sono robetta di poca importanza, che possono o non possono pubblicare ma che non ci sono reali necessità, che i dati aggregati vanno più che bene e che le informazioni pubblicate tanto non vengono usate molto perchè tanto non ci sono modelli di business. Mi si conceda una sola parola: CAZZATE. Questo per tre motivi:
1) Se non si inizia a pubblicare dati di qualità, la giusta atomicità e la giusta tempistica non si arriverà mai a dimostrare l'esistenza di modelli di business legati ai dati. Ma il problema in questo caso è di volontà, che sarebbe bello fosse espressa in modo chiaro. Quando una torta viene male, scherzando spesso si dice che "manca l'amore". Stessa cosa dicasi per i dati. Se sono percepiti come estranei e solo moda passeggera, non crescerà la qualità, nè tantomeno la consapevolezza. E allora si, è uno spreco.
2) Investire negli open data non è uno spreco di denaro e di tempo. Implica, questo si, rivedere scelte organizzative, eventualmente modificare gli strumenti in uso e sicuramente cambiare modo di pensare (questo forse è l'aspetto più difficile). Ma è un investimento che già paga sul medio termine, in quanto si possono iniziare a fare operazioni molto eleganti di confronto e valutazione incrociata dei vari settori della pubblica amministrazione. E questo non serve tanto al cittadino o al giornalista o al grillino di turno che vuole attaccare l'attività dell'amministrazione, quanto più che altro all'amministrazione stessa, che in questo periodo di spending review può cercare di ottimizzare le proprie attività. E zittisce in modo automatico le spinte populiste simil-grilline date dal fatto che la PA non ha, spesso, indicatori di qualità interna "validi".
3) Il mettere in relazione dati consente di fare scelte molto complesse con il gisuto coraggio. E permette di mettere le informazioni nella giusta prospettiva (minuto 11 del video qui sotto). E' vero, questo implica che il politico di turno non può urlare un numero a caso (B. è un esempio), perchè il fact checking diventa operazione più semplice.
Come viene sottolineato nello straordinario volume Open Government (Amazon.it) il vero problema non è tanto nel dato, ma nella cultura del procurement sottostante. La pubblica amministrazione dovrebbe spingere per avere al suo interno software prevalentemente open source, con repository pubblici ai quali chiunque possa sia accedere che contribuire (il governo USA ha iniziato prima con il progetto Code for America che ha portato alla copia europea Code for Europe, poi con i Civic Commons, collezione di software open source con i vari elementi della PA che utilizzano i vari strumenti, a sua volta copiato da European Commons, e ora direttamente con un repository su github dove li sviluppatori nella PA mettono i loro progetti software ad uso interno).
In conclusione, mi auguro che i dirigenti PA che vogliano informarsi sui dati diffidino di consulenti che raccontino che è facile ma relativamente inutile pubblicare dati e che non citano mai la parola "community", che come per tutti gli aspetti open è fondamentale.