sabato 26 gennaio 2013

Sull'A-Team e sull'open source nella Pubblica Amminsitrazione

All'incontro SOD si discuteva con l'amico Marcello su una vecchia idea abbastanza terrorigena dell'A-Team open source per l'e-gov, ovvero un team di sviluppatori Open Source a disposizione dell'amministrazione. Non sono certo il primo che ne parla e non è certo la prima volta che ne parlo. Ma oggi più che mai, parlando di open data, è importante che ci sia consapevolezza di come e chi lavora con l'amministrazione. E per questo motivo ritengo importante che chi decide prenda il controllo della situazione e cerchi nel territorio gruppi di hacker che possano fare cose con essa. A suo tempo era un'idea balzana, questa, ma in realtà è il principio su cui si basa il concetto di CodeForAmerica e del nuovo progetto CodeForEurope. La questione sta nel capire quanto sia importante fare ora bene le cose che un giorno serviranno. E farle bene da dentro l'amministrazione, non attraverso gare che portano persone che sanno interpretare il legalese a capire come fornire il minimo indispensabile per farsi pagare la manutenzione vita natural durante (o 15 anni, tempo della prossima gara).
E' indubbio, questo approccio rompe tutti gli schemi classici dell'italica gara d'appalto, fornitura (e gli abusi come il passaggio dagli amici di amici). Verissimo. Però guardando la questione da cittadino mi chiedo se non farebbe bene all'amministrazione iniziare ad avere dei tecnici in casa che capiscano e sappiano valutare e mettere mano al codice delle applicazioni. Che a quel punto devono essere libere, liberamente modificabili anche dai cittadini, manutenibili e gestibili da tutti i tecnici nelle tante amministrazioni. Sulla linea di quello che il governo statunitense ha iniziato da poco a fare con il suo repository su github. Ma era prevedibile, per una nazione fondata anche sul concetto  Lincolniano di stato "by the people, for the people", che potrebbe essere il sottotitolo di tutti i discorsi su open source e open data. E comunque è solo il passo finale della linea di pensiero partita con CfA e diventata Civic Commons, che è un po' il repository del riuso americano, solo che a riuso non ci sono solo i software fatti come gare per l'amministrazione, ma tutto il software open source, dai database agli editor, dai sistemi operativi ai gestionali. Personalmente, e so di essere stato tacciato più volte di essere un idealista, ritengo che questo sia il modo più partecipativo e rapido per arrivare ai mitologici open services, ma siamo abbondantemente nei voli pindarici.
Si, è vero. Un'operazione come questa, che preveda il saper definire gare d'appalto precise e con le richieste più strutturate possibili (ovvero fare con professionisti disinteressati almeno la progettazione e l'architettura ed eventualmente mettere a gara solo la scrittura del codice) e quando possibile evitare le gare facendo in casa il software e sicuramente tutti i test per il codice fornito da terzi, rischia di rompere il giocattolo dell'appalto, che spesso finisce per diventare una forma di sovvenzione verso le piccole e grandi aziende di informatica. Ma visto che il mercato dell'IT italiano ha raggiunto oramai abbondantemente la maggiore età, non sarebbe ora che iniziasse a camminare sulle sue gambe offrendo prodotti veri e competitivi? Non sarebbe ora che l'IT italiano, che a suo tempo aveva grandi esempi a livello globale come Olivetti, rialzasse la testa e riprendesse a guardare al dilà del proprio ombelico su un mercato internazionale dove la competizione è molto più forte e aggressiva che qui? Un fuori, dove si parla di cloud veramente e non per riempirsi la bocca. Un fuori dove i prodotti si vendono non agli amici, ma ai clienti.
Perchè in queste condizioni l'eccellenza nell'IT è morta e di quello che rimane, il grosso è un esercito di omini più o meno incravattati (magari anche molto bravi, non voglio dubitarne) che fanno i consulenti con i vari cappelli delle aziende di turno, ognuno portando l'acqua (e i soldi delle gare) al proprio mulino.
E' così difficile, nel mondo informatico, basarsi sul principio Kennediano del "Non chiederti cosa può fare il tuo paese per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese."? Io credo di no, e credo anche di non essere l'unico.

Nessun commento:

Posta un commento